L'ASL di Nuoro contro le mutilazioni genitali femminili

Dal 20 dicembre 2012 l'ONU, con una risoluzione approvata all'unanimità, ne ha dichiarato la messa al bando universale: ogni anno sono 3 milioni le ragazze che vengono mutilate.

«La U.O. Pediatria di Comunità della ASL di Nuoro – spiega il Responsabile del servizio, Dott. Francesco Fadda - è impegnata a sostenere e promuovere azioni e iniziative contro questa pratica, spesso ignorata, che tutelino in ogni caso i diritti, tra i quali quello all’integrità fisica delle donne e delle bambine».

L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato le mutilazioni in più tipi differenti, a seconda della lesione e della gravità degli effetti; la più grave è l’infibulazione (o circoncisione faraonica, o sudanese) che prevede la asportazione della clitoride, piccole labbra, parte delle grandi labbra vaginali con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva o la traumatizzazione con spine, perché cicatrizzino insieme i lembi, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell'urina e del sangue mestruale. La pratica avviene più spesso con mezzi rudimentali e con immobilizzazione forzata in casa da parte delle donne della famiglia.

In alcuni Stati del Corno d'Africa (Gibuti, Somalia, Eritrea) ma anche in Egitto e Guinea l'incidenza del fenomeno rimane altissima, toccando il 90% della popolazione femminile.
In molti altri, invece, le mutilazioni riguardano una minoranza, fino ad arrivare a quote dell'1-4%, in paesi come Ghana, Togo, Zambia, Uganda, Camerun e Niger. Queste pratiche sono eseguite in età differenti, a seconda della tradizione: per esempio nel sud della Nigeria si praticano sulle neonate, in Somalia sulle bambine, in Uganda sulle adolescenti.
Tutte queste mutilazioni ledono gravemente sia la vita sessuale sia la salute delle donne, ed è a tutela di queste ultime che si adoperano i movimenti per l'emancipazione femminile, soprattutto in Africa.

Pregiudizi alla base delle MGF
Le mutilazioni genitali femminili (MGF) vengono praticate per una serie di motivazioni:
• Ragioni sessuali: soggiogare o ridurre la sessualità femminile;
• Ragioni sociologiche: iniziazione delle adolescenti all'età adulta, integrazione sociale delle giovani, mantenimento della coesione nella comunità;
• Ragioni igieniche ed estetiche: in alcune culture i genitali femminili sono considerati portatori di infezioni e osceni;
• Ragioni sanitarie: si pensa, a volte, che la mutilazione favorisca la fertilità della donna e la sopravvivenza del bambino;
• Ragioni religiose: molti credono che questa pratica sia prevista da testi religiosi (Corano).

Ricostruire l'origine delle mutilazioni non è cosa semplice, ma è certo che non sia stato l'Islam a introdurla in Africa.
Si tratta, infatti, di usanze indigene, profondamente radicate nelle società locali e preesistenti alla penetrazione dell'Islam nell'Africa sub sahariana, iniziata a partire dal 1050.
L’attribuzione che spesso viene fatta all'Islam dell'origine delle mutilazioni genitali femminili è, probabilmente, dovuta alla maggiore tolleranza dimostrata nei confronti di tali pratiche tradizionali, che sono state - invece - molto più contrastate da parte cattolica.

La mutilazione genitale femminile, così come è praticata, può portare (in casi estremi) alla morte per shock, emorragie, infezioni e danni agli organi circostanti la clitoride e le labbra.
Inoltre, data la barbara “chiusura”, l´urina può essere trattenuta, causando intuibili patologie.
L'uso degli stessi strumenti senza sterilizzazione e la totale mancanza di condizioni igenico-sanitarie può causare anche l'infezione da HIV.
Gravi gli effetti anche a lungo termine (cisti, difficoltà nei rapporti sessuali, rischio di morte nel parto, sia per la madre sia per il nascituro).
Gli effetti psichici della mutilazione sono più difficili da analizzare scientificamente rispetto a quelli fisici.
Si rilevano sentimenti di ansietà, terrore, umiliazione che possono avere effetti negativi a lungo termine. Alcuni esperti suggeriscono che lo shock e il trauma dell'operazione contribuiscono a creare il comportamento di docilità considerato positivo nelle società che praticano le mutilazioni genitali femminili.

Tre milioni di bambine a rischio ogni anno, di cui il 90% in Africa, secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.
In Europa, secondo il Parlamento Ue, sono 500mila le donne che convivono con le mutilazioni genitali e quasi 8mila in Italia.
Sono questi i numeri di una pratica che rappresenta un gravissimo insulto fisico e psicologico alle donne, che viola i diritti dell’infanzia e, in casi estremi, il diritto alla vita.
Numeri che, per l’Italia in particolare, potrebbero essere anche più alti, se si considerano i numerosi arrivi di immigrati nel nostro Paese e la difficoltà di un censimento che includa fra le minori a rischio anche quelle fuori dal circuito scolastico.

Le mutilazioni genitali femminili sono uno di quei riti di passaggio che regolano i mutamenti di status o di età delle donne, scandendo le varie fasi del ciclo di vita, trasformandole in un percorso dotato di senso che ne soddisfa i bisogni di identità e di riconoscimento.
In particolare sono una componente fondamentale dei riti di iniziazione, attraverso cui nelle società tradizionali si diventa “donna“.
Per questa cultura, donna non si nasce: la connotazione biologica non riesce ad essere di per sé un fattore sufficiente di individuazione. I riti sono indispensabili “atti di magia sociale“, che trasformano l'appartenenza sessuale in “un´essenza sociale“: la donna.
Naturalmente questo non accade solo in Africa. Con sfumature diverse ogni società trasforma la sessualità biologica in una costruzione culturale, differenziando il maschile dal femminile per decidere della sua appartenenza di genere.
Nelle società africane la creazione dell'identità di genere non è solo un percorso metaforico ma è prima di tutto una manipolazione dei corpi.
Le mutilazioni dei genitali femminili fanno qualcosa in più dei riti, nel senso che incidono sui corpi la loro appartenenza di genere. Sono un “marcatore sessuale “.

Il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili è una pratica crudele e disumana contro i diritti umani: è un tema che riguarda uomini e donne che credono nell'uguaglianza è dignità di tutti gli esseri umani senza distinzione di razza, religione o identità etnica.
Non deve essere visto quale problema di un gruppo o di una determinata cultura, sia essa africana, musulmana o cristiana. Rappresenta una tragedia umana e non deve essere vista quale motivo per porre in contrasto le diverse etnie, le diverse religioni o i due differenti sessi.